Russia, cosa succederebbe nel caso di un possibile default

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    Russia, cosa succederebbe nel caso di un possibile default
    Comincia ad avverarsi anche in Ucraina la celeberrima espressione di Tacito: "Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant", fanno il deserto e lo chiamano pace ( operazione per la pace). Si discute se il missile lanciato dai russi contro la centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia - la prima d'Europa e la quinta al mondo, con una potenza dieci volte superiore a quella di Chernobyl - sia stato un incidente o un attacco calcolato, se non diretto alla distruzione, quantomeno volto a dare un segnale di possibile ulteriore, catastrofica " escalation" della vile aggressione, che sarebbe un sicuro, incontestabile crimine contro l'umanità.

    Il pericolo nucleare, materializzandosi il quale tutto sarebbe perduto, non deve però distogliere dalle più direttamente osservabili conseguenze della follia della guerra: diversamente, si farebbe proprio il gioco dell'invasore che vuole impaurire i Paesi che manifestano solidarietà e portano aiuti alla terra aggredita. Le principali agenzie di rating ( Moody's, Standard & Poor's, Fitch) avvicinano, nei loro giudizi, il debito russo a " spazzatura" in conseguenza dell'azione bellica e, soprattutto, delle sanzioni economico-finanziarie irrogate dall'Occidente e dei loro effetti.

    Gli osservatori cominciano a prevedere il default e torna ad aleggiare lo spettro del 1998 quando per il livello dell'indebitamento pubblico, la crescente sfiducia dei cittadini che si orientavano verso il dollaro, la fuga di capitali, l'impatto della crisi verificatasi nel Sud-Est asiatico, il rublo crollò, i tassi arrivarono a oltre 100 per cento, le riserve in valuta della Banca centrale furono ridotte al lumicino. Ma allora vi era una certa solidarietà internazionale nei confronti della Russia. Le Banche centrali europee, in quel tempo impegnate anche nell'adesione all'Unione monetaria ed economica sin dalla prima fase, seguivano attentamente l'evoluzione della crisi russa, compiendo gli interventi necessari sui mercati. Ricordo la trattazione di questa grave vicenda anche nelle Considerazioni Finali dell'allora Governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio. Il Fondo monetario internazionale erogò un prestito consistente. Fu lenta la ripresa, ma a poco a poco , sia pure passando attraverso l'inflazione e la recessione, passi avanti furono compiuti con l'adozione di misure interne e con l'apporto internazionale.


    Oggi, le condizioni sono nettamente diverse, perché alla detereminazione di gravi difficoltà per il governo russo e per il dittatore Putin mirano proprio le sanzioni comminate. La chiusura della Borsa, la caduta del rublo che a un certo punto ha raggiunto il 30 per cento, per poi conseguire dei miglioramenti ma lentamente,la salita dei tassi di interesse che sono arrivati al 20 per cento, la conseguente adozione di misure, da parte del governo, per bloccare l'uscita di capitali, sono, tutti, i primi risultati delle sanzioni. A questi vanno aggiunti il congelamento dell'impiego delle riserve in valuta della Banca centrale russa, il parziale blocco dello Swift e una serie di altre misure che riguardano i rapporti delle banche con i mercati esteri. Il risultato è una miscela che ben potrebbe portare al default.

    Secondo i dati riportati anche dalle cronache, gli investitori esteri deterrebbero titoli russi in valuta nazionale pari a 30 miliardi di dollari e bond sovrani per circa 20 miliardi di euro. Finora sarebbero state regolarmente pagate, ai portatori nazionali, cedole in scadenza per 96 milioni di dollari. Il prossimo 16 marzo dovranno essere pagate cedole per 107 milioni e a fine mese per 400 milioni, mentre all' inizio di aprile dovrebbe essere rimborsato un titolo di due miliardi. Naturalmente, si possono bloccare i rimborsi ai possessori esteri di titoli, come si è iniziato a fare, ma queste misure aggraveranno la crisi finanziaria e accelereranno il percorso verso il default.


    Si pone qui l'interrogativo sulle scelte che compiranno le due principali banche italiane - Intesa - S. Paolo e Unicredit - operanti direttamente ,con Filiali, e indirettamente in Russia, nonché sulle conseguenze del fallimento che, al di là delle emissioni obbligazionarie, ha un potente effetto-alone sulle imprese esportatrici. La condizione di default - lo insegna la storia - non viene facilmente superata e marchia in maniera drastica un'economia, che già nei giorni scorsi veniva pronosticata come quella di un possibile Stato " paria". Tra le altre imprese operanti in Russia, le Generali hanno deciso di chiudere la loro rappresentanza a Mosca e di uscire dal consiglio di Ingosstrakh, di cui detengono il 38 per cento circa. Torna, anche in questo caso, il ricordo dell'azione dell'allora presidente del Leone, Cesare Geronzi, volta a dissuadere motivatamente dall'assunzione di forti legami con imprese russe, fino a distogliere l'allora Premier, Silvio Berlusconi, dal promuovere un tale rafforzamento che gli era stato distortamente proposto, nel corso di una sua visita a Mosca. Ma bisogna pure considerare l'azione che sarebbe stata svolta da Caltagirone per evitare, a suo tempo, un eccessivo coinvolgimento della Compagnia nella predetta impresa. Non bisogna, tuttavia, attendere che maturino le scadenze in questione.

    E' necessario che l'Unione europea e gli altri Paesi che prestano assistenza all'Ucraina e aiuti alla sua difesa assumano congiuntamente un orientamento sul possibile default. Non si tratta di un nuovo caso-Argentina, ma non va sottovalutato e, dunque, bisogna agire per massimizzare i danni al governo dell'aggressore e minimizzare, per ciò che è possibile, quelli per l'Occidente. Sarebbero, in Italia, doverose una riunione e la definizione di una linea da parte della Commissione per la stabilità finanziaria coordinata dal Ministro dell'economia; prima ancora, per avere un quadro preciso dei possibili impatti per il nostro Paese. La stessa questione degli impatti della bolletta energetica, pur essendo materia di diverse competenze istituzionali, andrebbe valutata anche in una tale riunione. Si attende, poi, la seduta del Consiglio direttivo della Bce del 10 marzo che si svolge quasi in contemporanea con la riunione del Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo.

    La Banca centrale è la più titolata ad affrontare l'argomento sin qui trattato. Ma, prima, è chiamata a rassicurare che, al di là delle decisioni già assunte sul piano pandemico di acquisto di asset, il Pepp, per il resto non verrà neppure temperata la linea monetaria accomodante, date le grandi incertezze che dominano in questa fase e che, semmai, la flessibilità più volte autorevolmente sottolineata da personaggi quale Fabio Panetta, componente dell'Esecutivo dell'Istituto, sarà impiegata principalmente per sostenere famiglie e imprese senza ridurre l'approccio espansivo. Dal Consiglio europeo è lecito attendersi, da un lato, un ulteriore rafforzamento delle sanzioni e dell'assistenza, nonché sostegno alla difesa dell'Ucraina, dall'altro, la previsione di un Fondo, sullo stile del Next Generation Eu, per fronteggiare le ricadute della crisi nei Paesi dell'Unione su imprese e famiglie. La barbara guerra di Putin si svolge anche in un teatro non molto lontano da Kaliningrad, l'antica Koenisberg, la città del grandissimo filosofo Immanuel Kant. Oggi siamo al punto, purtroppo, che appare ancor più utopistico il suo " Per la pace perpetua". Eppure non si dovrebbe desistere dal perseguire questa strada con le misure di sostegno che oggi sono non solo un atto di solidarietà, ma un dovere, appunto, kantiano. (riproduzione riservata)
     
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    Al bar non credo passerebbe un spatriata del genere,
     
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